Essere madri in carcere:
Il progetto “Essere madri” in carcere, finanziato dalla Regione Veneto, rappresentava un’iniziativa significativa che mi vedeva impegnata nell’Associazione “La Gabbianella e altri animali”.
In quel contesto, conducevo un gruppo di mamme ospiti all’ICAM (Istituto a Custodia Attenuata), una struttura progettata per accogliere madri e i loro bambini fino a sei anni, situata accanto alla casa circondariale femminile della Giudecca a Venezia. Questo luogo, purtroppo, è spesso percepito come freddo e inospitale, ma all’interno del progetto ci sforzavamo di creare un’atmosfera calda e accogliente.
Questi gruppi settimanali non erano semplici incontri, ma momenti cruciali di confronto e riflessione, in cui si affrontavano i bisogni emotivi e pratici dei bambini che vivevano in un ambiente complesso e difficile. Le mamme, spesso sole e vulnerabili, affrontavano sfide uniche nel loro ruolo di genitori, frequentemente senza la presenza del padre e con risorse limitate, sia materiali che educative.
Attraverso il dialogo aperto e il supporto reciproco, cercavamo di sviluppare strategie utili per affrontare le difficoltà quotidiane, costruendo al contempo un legame forte e positivo con i loro figli, nonostante le circostanze avverse che le circondavano.
L’obiettivo finale del progetto era quello di promuovere una genitorialità consapevole e responsabile, rafforzando la rete di supporto tra madri, creando uno spazio sicuro e accogliente dove potessero esprimere liberamente le proprie paure, speranze e desideri.
Ogni incontro era un’opportunità per condividere esperienze, raccontare storie e imparare gli uni dagli altri, in un ambiente che favoriva la comprensione e l’empatia. Insieme, lavoravamo per trasformare le esperienze di detenzione in un’opportunità di crescita personale e relazionale, affinché ogni madre potesse sentirsi valorizzata nel proprio ruolo e nella propria identità di genitore.
In questo contesto, cercavamo di fornire anche strumenti pratici e risorse educative, affinché le mamme potessero sentirsi più sicure e competenti nell’affrontare le sfide quotidiane.
Ogni sessione era caratterizzata da attività che promuovevano il legame madre-figlio, attività ludiche e momenti di riflessione su come affrontare insieme le difficoltà. Era fondamentale aiutare queste donne a vedere la loro situazione non solo come una perdita, ma anche come un’opportunità per rinnovare il loro impegno verso la maternità, costruendo un futuro migliore per sé e per i propri bambini.